Che fine ha fatto Luis Alberto?
La migliore stagione della carriera finisce nel peggiore dei modi. Luis Alberto non era in campo quel 20 maggio, quando davanti al pubblico di casa la Lazio si fa rubare all’ultimo il posto Champions dall’Inter. Assiste sconsolato allo spettacolo dalla tribuna, vedendo un sogno sfumare al fotofinish, nonostante i suoi 11 gol e 14 assist.
Ed ecco che arriva il Mondiale, al quale Luis Alberto aveva sperato, ma in quella zona del campo la Spagna è satura di talento, e la chiamata non arriva. La prima stagione da protagonista, a 26 anni, si conclude con qualche delusione di troppo, con la tentazione di tornare in patria: lo vuole il Siviglia, casa sua. Alla fine Luis Alberto rimane, Simone Inzaghi punta troppo su di lui per rischiare di non trovarsi a suo agio altrove, ed anzi si prende la maglia numero 10, giusta ricompensa per il Mago, dopo una stagione di incantesimi.
Milinkovic, Immobile, Luis Alberto, questa era la Lazio fino allo scorso maggio e questa sarebbe dovuta essere l’aquila. Un solo grande cambiamento, Acerbi al posto di De Vrij; era quindi lecito aspettarsi lo stesso della passata stagione, la stessa squadra capace di allungare le distanze tra i giocatori, di malleare a proprio favore la verticalità con l’obiettivo ultimo di far pervenire il pallone ai giocatori più avanzati.
Come se ce ne fosse stato bisogno, Lotito e Inzaghi confermano già ad inizio stagione che il copione sarebbe dovuto essere lo stesso, rispedendo al mittente ogni offerta per le due pedine.
L’inizio di stagione dei biancocelesti non porta in dote quel piccolo passo in avanti che tutti si aspettavano, facendo rimanere i capitolini nella consueta zona Champions, ma mostrando dei limiti che lo scorso anno ne hanno impedito la qualificazione alla massima competizione europea.
Ma c’è di più, nonostante la Lazio fatichi a vincere contro le prime della classe, le colonne portanti iniziano piano piano a sgretolarsi, levandosi la corazza e mostrando un lato più debole, aumentando il rischio di rovinare violentemente a terra. Se Immobile continua a segnare e Milinkovic alterna grandi giocate a momenti di puro assenteismo, Luis Alberto è proprio sparito dai radar.
Attorno a lui sorgono i primi dubbi, lo spagnolo è infortunato, stringe i denti, ma non è più all’altezza della situazione, non è più il centro di gravità biancoceleste. Tare perde la pazienza: “Ha bisogno di sentirsi intoccabile, ma in un club come la Lazio non è possibile sbagliare cinque gare di fila e pensare di rimanere titolare. Le gerarchie le decide il campo, si chiama meritocrazia”.
Cosa succede a Luis Alberto?
Replicarsi è sempre difficile; Luis Alberto inizia la nuova stagione con la consapevolezza di dover replicare numeri da top player: 34 presenze, 11 gol e 14 assist, con una media di un gol o assist ogni 107 minuti. Una leggera flessione sarebbe stata più che comprensibile, ma le prestazioni dell’iberico fino ad ora sono semplicemente disastrose: appena 1 gol e 0 assist, in 581 minuti.
Mentre stiamo per entrare nel secondo terzo della Serie A, è lecito chiedersi se quello di Luis Alberto non fosse altro che un estemporaneo exploit, o se l’iberico stia soltanto attraversando un momento difficile.
Il fantasista soffre di pubalgia, fastidiosissima infiammazione che limita la capacità di stressare il proprio corpo durante l’attività fisica. In parte l’impatto più scialbo può essere giustificato dal fatto che giochi col dolore, ma analizzando a fondo le prestazioni dello spagnolo si denota una preoccupante tendenza ad essere meno incisivo.

Di certo anche la fortuna sembra non avere un occhio di riguardo per Luis Alberto, nonostante la tendenza ad essere meno incisivo, vi è anche la certezza che ha raccolto meno di quanto seminato: gli 0 assist arrivano infatti a fronte di 1,66 xAssist; altri giocatori con valori simili hanno già confezionato 2 o 3 assist.
I numeri sono comunque nettamente inferiore alla stagione passata: appena 0,14 xG per 90 minuti e 0,26 xA, contro gli 0,25 xG e 0, 37 xA della passata stagione. Questo nonostante la quantità di tiri e passaggi chiave per partita sia aumentata.
Luis Alberto, infatti, tira di più (3.1 per 90 minuti, contro i 2.68 della passata stagione) e produce 2.94 passaggi chiave contro i 2.91 della passata stagione.
In altre parole, Luis Alberto è meno pericoloso, e crea palle gol meno pericolose, trend che si aggiunge al suo essere meno al centro del gioco: rispetto alla passata stagione lo spagnolo gioca infatti quasi 10 passaggi in meno a partita (38 contro 47), e sembra avere grandi difficoltà ad effettuare dribbling. La stagione scorsa, il fantasista effettuava 1,7 dribbling a partita, questa stagione solo 0,5.
Montagne russe
È paradossale che a distanza di una stagione le prestazioni insipide di Luis Alberto siano reputate insolite, in fondo prima dell’annata da fuoriclasse lo spagnolo aveva addirittura meditato di lasciare per sempre il calcio.
In realtà, anche prima di sbarcare in Serie A, Luis Alberto aveva alternato stagioni da campione a stagioni da punto interrogativo; con leitmotiv il doversi fisiologicamente sentire centro nevralgico del gioco. Al Barcellona B era centro creativo e cervello di una squadra tecnica, e infatti chiude con 11 gol e 18 assist, che valgono la chiamata del Liverpool.

Con i Reds torna confinato in un limbo tra tribuna e panchina, il talento strabordante dei vari Suarez, Coutihno, Sterling non concede spazio e tempo allo spagnolo, che ha bisogno di tornare a giocare, ma nemmeno il prestito al Malaga cambia le cose.
La stagione successiva riparte dalla Galizia, dal Depor, che lo mette al centro del sistema di gioco: il risultato è, manco a dirlo, una grande stagione: 6 gol e 7 assist, ma l’ammissione di avere ancora tanto da imparare: “Ero molto ad intermittenza. Giocavo 20 minuti e creavo una o due occasioni.”
Il ritorno dal prestito a Liverpool è ancora una volta sinonimo di panchina; Luis Alberto è rassegnato, quando come un fulmine a ciel sereno arriva la chiamata della Lazio, senza nemmeno pensarci troppo l’iberico sale su un volo che lo porta a Roma: “Sinceramente non sapevo nulla della Lazio fino all’ultimo momento. La mia idea era di rimanere in Inghilterra perché mi rimaneva solo un anno di contratto e le cose non stavano andando come volevo. Pensavo di rimanere lì un anno, aspettare, provare a competere, e poi liberarmi gratis. È uscita la Lazio all’ultimo momento, non avevo tempo per pensare se sì o no, ho preso tutto un po’ alla leggera. Alla fine ho preferito venire qui che rimanere un anno fermo”.

Ma anche a Formello è tutto buio, oltre allo shock ambientale Luis Alberto fa fatica, non gioca e non vede i margini per poter rientrare nel progetto tecnico, entra in una spirale depressiva che lo trascina a pochi centimetri dal lasciare il calcio per sempre: “A gennaio-febbraio ero nel peggior momento della mia carriera. Vedevo tutto nero, nella mia testa pensavo che non servivo a niente, mi annoiavo.” Solo un mental coach e l’ammissione di aver bisogno di lavorare a livello mentale, prima che atletico, lo prendono per i capelli ad un passo dall’oblio.
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